A tutti succede di essere “ un po’ depressi” in certi momenti. Spesso usiamo espressioni del genere per spiegare come ci si sente quando si ha la sensazione che la vita diventi troppo difficile. E’ importante distinguere tra quando è normale e logico essere tristi e quando invece si viene presi nella morsa di quella che è definita “ depressione clinica”

 

L’uso comune del termine “ depressione” descrive molto spesso ciò che si verifica se ci troviamo ad affrontare fatti stressanti o impegnativi che logorano le nostre energie vitali. Rapporti conflittuali a casa o sul lavoro possono contribuire a creare l’impressione che “ la vita sia troppo dura” . Può capitare che ci si senta comprensibilmente sconsolati e con i nervi a pezzi per la morte di qualcuno a cui si voleva bene. Tali eventi sono inevitabilmente seguiti da un periodo di abbattimento , proprio perché la persona che è venuta a mancare significava molto per noi. L a fase del lutto è importante perché ci permette di prendere coscienza della perdita e di adattarci gradualmente a vivere la nostra vita alla luce di quel cambiamento.

La depressione clinica non ha molto a che vedere col sentirsi afflitti, in lutto o fortemente stressati: essa è caratterizzata da difficoltà mnemoniche e di concentrazione e da una considerevole assenza di interesse in ciò che normalmente costituisce una fonte di piacere e di stimolo. Questo disturbo tiene in ostaggio chi ne soffre e sembra rifiutarsi di considerare qualsiasi ragionevole offerta di riscatto per la sua liberazione. In genere provoca allontanamento dagli altri e ostilità verso se stessi.

Il malato vive con la certezza di essere lui stesso un perdente che non riuscirà mai a risolvere alcunché nella propria vita.

Oltre alla depressione esistono altri disturbi dell'umore di tipo depressivo. Fra i principali:

  • distimia (o disturbo distimico): presenza di umore cronicamente depresso, per un periodo di almeno due anni. In questo caso i sintomi depressivi, nonostante la loro cronicità, sono meno gravi e non si perviene mai a un episodio depressivo maggiore.
  • disturbo dell'adattamento con umore depresso: è conseguenza di uno o più fattori stressanti e si manifesta in genere entro tre mesi dall'inizio dell'evento con grave disagio psicologico e compromissione sociale. Solitamente eliminato il fattore di stress, tale depressione scompare entro 6 mesi.
  • depressione secondaria: depressione dovuta a malattie psichiatriche e non, o a farmaci. Spesso, infatti, alcune malattie mostrano come primi sintomi variazioni del tono dell'umore, fra le quali:sclerosi multipla, morbo di Parkinson,tumore , morbo di Cusching, lupus eritematoso.
  • depressione reattiva: depressione dovuta ad un evento scatenante come un lutto, una separazione, un fallimento, i cui sintomi, però, si dimostrano eccessivamente intensi e prolungati rispetto alla causa scatenante. Al suo interno si possono collocare i disturbi dell'adattamento e le reazioni da lutto.
  • depressione amscherata: depressione che si manifesta principalmente con sintomi cognitivi, somatici o comportamentali, a dispetto di quelli affettivi. In realtà vengono semplicemente amplificati aspetti non affettivi della depressione.

La classificazione non si riduce semplicemente a queste poche categorie, in quanto esistono varie sottocategorie per i tipi elencati, oppure depressioni tipiche di alcuni eventi particolari, come ad esempio la depressione post partum.

 

Fattori familiari e genetici

Gli studi sui gemelli monozigoti e dizigoti e sui soggetti adottati hanno dimostrato una certa ereditabilità dei disturbi depressivi, anche se in modo meno consistente rispetto al disturbo bipolare. Il tasso di ereditabilità per i sintomi depressivi si attesta attorno al 76%.La depressione, quindi, come molte altre malattie psichiatriche, non segue un modello di trasmissione diretta, bensì un modello dove sono coinvolti più geni.L'ereditarietà è comunque meno probabile per le forme di depressione lievi, mentre sembra incidere più fortemente nelle depressioni ad esordio precoce: il 70% dei bambini depressi hanno, infatti, almeno un genitore che presenta un disturbo dell'umore. Questo dato può essere dovuto in parte anche al fatto che un genitore depresso instaura una relazione non favorevole con il proprio figlio, già geneticamente vulnerabile, che aumenta la probabilità, per il bambino, di sviluppare un disturbo dell'umore. L'influenza genetica nella depressione si evidenzia anche in altre ricerche: figli di genitori biologici depressi, ma cresciuti in famiglie adottive dove non sono presenti genitori depressi, dimostrano una probabilità 8 volte maggiore di sviluppare la depressione, rispetto a figli di genitori biologici non depressi.

 

Fattori biologici

Una delle prime indicazioni che la depressione avesse anche delle basi biologiche si ebbe negli anni cinquanta. Durante quel periodo venne introdotto un farmaco, la reserpina, utilizzato per controllare la pressione sanguigna, che però aveva ingenti effetti collaterali, tra cui l'insorgenza di una depressione nel 20% dei pazienti.Tale farmaco diminuiva la quantità di due neurotrasmettitori appartenenti alla famiglia delle monoamine: la serotonina e la noradrenalina. In seguito fu scoperto che un altro farmaco, utilizzato per curare la tubercolosi, provocava un miglioramento dell'umore. Questo farmaco, al contrario della reserpina, inibiva la monoassidosi, cioè quell'enzima che elimina la noradrenalina e la serotonina, provocando cioè un aumento di tali neurotrasmettitori.Era quindi chiaro come la depressione, e l'umore in generale, fossero legati ai livelli dei neurotrasmettitori monoaminici. Nacque così l'idea, definita ipotesi monoaminica dei disturbi dell'umore o ipotesi delle ammine biogene, che la depressione fosse una conseguenza di uno squilibrio di alcuni neurotrasmettitori.

 

Fattori ambientali

L'ereditarietà dei disturbi depressivi è un fattore molto importante a determinare l'insorgere della malattia. Un ruolo chiave sembra svolto anche se non sempre come già accennato, dai fattori ambientali. Ricerche hanno dimostrato che c'è interazione fra ambiente e fattori genetici, la depressione in età adulta è strettamente correlata con esperienze di vita negative:la malattia, infatti, si può innescare dopo alcune fasi importanti della vita: un lutto, un licenziamento, un grande dispiacere ma anche un abbandono della persona amata, perfino una grossa vincita; in generale qualsiasi cambiamento rilevante può indurre la manifestazione del disturbo in soggetti predisposti alla malattia stessa. Si è notato, ad esempio, che l'abuso e l'abbandono durante l'infanzia sono fattori di forte rischio per lo sviluppo dei disturbi dell'umore, proprio perché il forte stress produce influenze non solo psicologiche, ma anche fisiche e biologiche (in particolare sull'asse ipotalamo-ipofisi-surrene).

Sempre restando in tema di depressione generata da fattori esterni si può citare la depressione negli anziani: in questo caso c'è una difficoltà ad accettare il decadimento fisico e psicologico come fenomeni naturali, anzi si tende a vederli come un abuso, un'ingiustizia. Oppure chi è vittima effettivamente di un abuso che non viene riconosciuto come tale può cadere in depressione.

 

Fattori psicologici

Come già detto, la depressione sembra correlata agli eventi di vita stressanti. In realtà, però, tale tipo di correlazione non è molto elevataAlcuni studi attuali di neuroscienze svolti con le tecniche di brain imagining hanno evidenziato che ci sono ad es. dei neurotrasmettitori chiamati GABA che sono alla base della depressione post-partum, ad esempio, soggetti con il gene trasportatore della serotonina, con entrambe due copie corte dell'allele, saranno maggiormente predisposti all'ansia e di fronte ad eventi stressanti svilupperanno più facilmente depressione o tendenza al suicidio, rispetto alle persone che posseggono invece due copie lunghe dell'allele. Fra questi fattori vi sono ad esempio la personalità, il coping (cioè l'abilità di fronteggiare le situazioni stressanti) e il significato stesso che ognuno di noi dà agli eventi stressanti.Secondo questo modello, quindi, la depressione non sarebbe dovuta solo a cause meramente psicologiche, ma anche favorita o inibita da fattori più strettamente neurobiologici. Questa, inoltre, sarebbe un'altra spiegazione del perché alcune persone reagiscono con la depressione e altre no agli stessi eventi stressanti.

Bibliografia

  • Ezio Sanavio, Cesare Cornoldi, Psicologia clinica, Il Mulino 2001
  • Aldo Galeazzi, Paolo Meazzini, Mente e comportamento. Trattato italiano di psicoterapia cognitivo-comportamentale, Giunti 2004
  • Tony Bates, “Dominare la depressione”, Armenia 2003.