Separazione e divorzio, un lutto da elaborare a livello psicologico

 


Lasciarsi, separarsi, divorziare, cosa succede a livello psicologico quando un rapporto di coppia finisce?. Molto spesso si parla della psiche dei bambini, dei figli di genitori separati ma quasi mai dei diretti interessati, gli ex coniugi, ex fidanzati o ex conviventi. Abbiamo affrontato questo aspetto con un’esperta, la dottoressa Maria Barbarisi, psicoterapeuta e psicodiagnosta:

“La separazione, la fine di un rapporto va sempre considerata come un “lutto da elaborare”. In psicologia la parola “lutto” viene infatti ad indicare una serie di emozioni e stati mentali molto intensi, frutto di un evento più o meno improvviso che crea sofferenza e altera in modo totale la vita di chi lo subisce. Di fatto, lasciarsi implica dei cambiamenti totali, sia nella quotidianità pratica (la casa, le spese, la gestione dei figli ad esempio) che sociale (gli amici in comune, i parenti….). Si sviluppa quindi una vera e propria “mancanza” sia fisica che psicologica, proprio come in caso della morte di una persona cara e dunque di un lutto.

Non importa da quanto tempo la coppia stava insieme, pochi mesi o molti anni: di fatto si tratta sempre di un qualcosa che finisce, una frattura nella routine quotidiana, la cessazione di un rapporto che si era costruito ritenendo che durasse per sempre. E’ anche sentito come un fallimento”.

Il problema è essenzialmente di chi viene lasciato?

“Fatti salvi i casi specifici, in genere no: la sofferenza è sempre riconducibile ad ambedue i membri della coppia. Il lutto va elaborato ed affrontato da entrambe, seppur con modalità e tempistiche diverse.

Chi lascia in genere sviluppa un malessere per lungo tempo, che lo porta poi alla decisione. Su questa incombono senso di responsabilità, spesso anche di colpa per la sofferenza del proprio coniuge/compagno, oltre che per il fallimento personale.

Chi viene lasciato invece ha una sofferenza che nasce dal sentirsi rifiutato, da un’auto colpevolizzazione, non comprensione…

Dopo un primo momento di shock e dell’elaborazione del fatto però in ambedue si sviluppa quella che è la cosiddetta fase di presa di coscienza: è qui che si possono sviluppare delle anomalie, che si può sfociare nel patologico, sia questa una depressione profonda che una reazione tipo Stalker.”

C’è una differenza sostanziale tra uomo e donna nelle reazioni psicologiche ad una separazione?

“La donna difficilmente lascia, soprattutto se ci sono dei figli. E altrettanto difficilmente diventa Stalker. Le ex mogli o ex fidanzate, tendono a reagire con uno stato di depressione e perdita di autostima se lasciate, mentre gli uomini sviluppano rabbia ed aggressività: per tutti e due è come se si infrangesse un patto sacro ed inviolabile, quello dello “stare insieme” stipulato simbolicamente nel passato all’atto della formazione della coppia e rompere questo patto equivale ad un tradimento che si manifesta come dolore, più violento del tradimento fisico. “

Quali consigli dunque per affrontare il tutto e non avere serie ricadute psicologiche?

“Essenzialmente occorre capire cosa è l’amore. Il concetto che la maggior parte delle persone ha è quello del possesso, il realtà stiamo parlando di un qualcosa di molto più elevato: corrisponde al “dare”. Chi ama veramente offre libertà. E’ un esempio che vale tanto per lo stalker quanto per alcuni casi più semplici. Mi riferisco a chi (donne soprattutto) cerca di riconquistare il proprio partner stimolandone la gelosia, costruendo altri rapporti, oppure scongiurando di cambiare chissà quali errati comportamenti. Occorre invece cercare sempre di tenere alto l’amor proprio. E comprendere questo può già molto aiutare.

C’è poi un altro errore che si fa spesso (soprattutto le coppie giovani): è quello di appoggiarsi troppo al proprio partner, di caricarlo di aspettative positive (una caratteristica che hanno essenzialmente le donne). Questo inizialmente ne ricava una grande sensazione benevola, di soddisfazione che sembra giovare alla coppia: ma poi subentra il peso della responsabilità del rapporto, dell’impegno quotidiano a soddisfare le aspettative del proprio compagno/a. L’altro, dal canto suo, non appena nota un cedimento ne rimane fortemente deluso, non comprende e si scatena una tendenza alla colpevolizzazione. Spesso a questo punto, il partner sul quale si appoggiano le aspettative, si comincia a sentire più usato che amato! La frattura nella coppia è ormai in fase avanzata.

Una coppia non deve mai essere considerata come un tutt’uno, non bisogna mai dire “senza di lui non sono niente o non posso fare niente”: in questi casi, non solo ci si avvia fortemente verso una rottura del rapporto, ma anche ad una eventuale elaborazione del lutto più dolorosa. Al contrario bisogna fare in modo, da subito, che la coppia sia considerata come un insieme di 2 individui caratterizzati da personalità ben distinte ed autonome.

Per affrontare la separazione dal punto di vista legale è invece fondamentale non accanirsi con vendette e storie di soldi, soprattutto se ci sono dei figli di mezzo. E’ importante mantenere amor proprio e non abbassarsi ad istinti litigiosi che non si confacciano a persone adulte e mature: è il modo più semplice per accantonare rapidamente la sofferenza dovuta alla separazione”.

C’è un tempo minimo per l’elaborazione del lutto della separazione?

“Come per tutte le elaborazioni del lutto si può parlare sempre di circa 8/10 mesi, suddivisi in 3 fasi principali:

  1. quella dello sgomento della notizia, in cui occorre comprendere e realizzare il fatto (si può avere anche una sorta di negazione)
  2. quella della consapevolezza, della presa di coscienza della fine dell’amore e del rapporto di coppia, riconosciuto in quanto senza possibilità di ritorno
  3. quella finale in cui ci si dispera, si tocca il fondo della sofferenza per poi cominciare a riemergere.”

Articolo di Cinzia Iannaccio