PAURE E DOMANDE DEI GENITORI CHE SI TROVANO A DOVER AFFRONTARE QUESTO PERCORSO

Le domande che ci poniamo prima di rivolgersi a uno psicologo hanno un ruolo molto positivo: spingono a una riflessione che permette di parlare di se stessi, del problema, della relazione genitori-figlio, di iniziare già un lavoro terapeutico.

Questa riflessione nutre la ricerca seria e motivata di una soluzione. Le domande garantiscono la necessità di comprendere, il desiderio di un cambiamento. Permettono di elaborare un progetto psico-educativo Ecco cosa succede, cosa si cerca, cosa si è pronti a fare”. Queste domande, e la loro elaborazione, rappresentano le basi su cui si costruisce la fiducia o la sfiducia nello psicologo e nel percorso psico educativo.

Quali sono le paure che abitano quando andiamo dallo psicologo? Probabilmente le medesime che abbiamo quando vogliamo affidare i nostri bambini a qualcuno e si riassumano in questa domanda che ci tormenta Saranno in buone mani?”

E così ci mettiamo anche a spiare con lo sguardo, l’abbigliamento, il sorriso dell’istitutrice, dell’animatore del centro vacanza, della capo scout.

Ma l’ultima parola è sempre quella del nostro bambino adorato, quando torna tutto contento, dicendo " Sai Bruno è davvero fortissimo!” Meno male, è stata una scelta giusta! Pensiamo subito!

Che questo valga anche con gli psicologi mi sembra normale, ma credo che, in questo caso, venga ad aggiungersi anche un’altra paura, quella del giudizio e della consapevolezza.

Se mio figlio ha un problema psicologico la colpa è mia.

La divulgazione della psicologia ha avuto come effetto secondario- e forse perverso- quello di far credere che esista un modo giusto di fare.

Uno psicologo non deve cercare di giudicare, ma di comprendere.

Si trova di fronte a una matassa ingarbugliata e deve aiutare il bambino a sbrogliare i fili uno ad uno e per far questo deve integrare gli elementi principali della vita relazionale del bambino e della sua famiglia, per tentare di trovare la combinazione alchimistica dei problemi.

Per farlo ha a sua disposizione una certa conoscenza dell’inconscio, delle tecniche di ascolto e la possibilità di mettere in atto processi cognitivi e soprattutto il desiderio di cambiamento del bambino e dei suoi cari.

Quello che permette ad un percorso psicologico di MONTARE un po’ come la panna è l’ALLEANZA TERAPEUTICA che si crea tra i genitori e lo psicologo, basata sullo scambio di informazioni e sulla fiducia.

Affidare il proprio figlio ad uno psicologo significa anche produrre una ROTTURA.

Nella vita di tutti i giorni, ogni separazione, come il primo giorno di scuola, non lascia indifferente. Talvolta provoca anche dolore. Meno elementi concreti si hanno a propria disposizione, più si immagina e più si ha paura.

Ciò che vale sul piano scolastico diventa ancora più importante in un campo come la relazione psicologo-bambino, riguardo poi ad un percorso sul quale si sa poco.

Questa relazione solleva timori, talvolta obiettivi, talvolta dovuti proprio al nostro attaccamento al bambino.La paura è normale, ma a volte può impedire lo svolgimento del percorso psicologico.

Affidare il bambino è un atto al servizio del bambino e spesso della famiglia. Bisogna accettarne la dinamica. Allora il percorso diventa un’avventura appassionante.

Per capire il significato di un percorso, le regole da seguire, i rischi a cui ci si espone, si deve guardare dall’interno la dinamica di una cura, l’evoluzione tra il bambino e lo psicologo.

Ultimo aggiornamento (Lunedì 01 Ottobre 2012 00:47)